Un caffè’ molto intenso e ricco di contenuti, quello organizzato dal Think Tank NED, tenutosi ieri 15 aprile su piattaforma Zoom e in diretta su tutti i socials.
Ospite Giuseppe Antoci, Presidente Onorario della Fondazione Caponnetto e firmatario del “Protocollo di legalità”, il c.d. “Protocollo Antoci”, recepito dal nuovo Codice Antimafia , votato in Parlamento nel 2017 ed ora applicato in tutta Italia.
Antonci da subito ha descritto il suo operato come nulla di straordinario, ma frutto di una scelta morale, “fare il proprio dovere non significa essere un eroe”.
Dal 2014 è costretto alla protezione della scorta, insieme alla famiglia, e vedere le sue figlie andare a scuola accompagnate dalla scorta lo delude, perché in un Paese normale chi fa il suo dovere non può essere detenuto di se stesso.
Dalla famiglia, dal Presidente Mattarella, dalla Magistratura, dalle Forze dell’Ordine ha ricevuto lo stimolo per andare avanti, senza mai sentirsi solo, perché ha dato e continua a dare, con le priorità di vigilare affinché la norma venga attuata, facendo percepire credibilità, con una eco anche verso l’Europa.
Le vittime della “Mafia dei pascoli”
Un’ Europa vittima, come vittime erano gli agricoltori e gli allevatori onesti del Parco dei Nebrodi, terrorizzati dalla mafia dei pascoli, privati dei loro beni, necessari ad ottenere contributi dell’Unione Europea anche attraverso “regolari” bonifici bancari.
Un meccanismo perverso, che si perpetuava di famiglia in famiglia e faceva guadagnare somme impensabili, con il silenzio e la connivenza dei colletti bianchi.
Da cornice al Ned Caffè gli interventi, a sorpresa, di Florindo Rubbettino, patron della Casa Editrice Rubbettino, che nel 2019 ha pubblicato il libro “La Mafia dei Pascoli”, scritto da Antoci con il giornalista Nuccio Anselmo, e dell’Onorevole Franco Roberti, che nel periodo dell’attentato ad Antoci era Procuratore Nazionale Antimafia.
Entrambi hanno esternato, come la passione di Antoci per il suo lavoro, le sue capacità intuitive, lo abbiano portato a smascherare un meccanismo mafioso, che grazie al Protocollo, è finito per sempre.
Il libro di Antoci nei suoi passaggi più toccanti lascia il senso di quello che è più nel cuore e non nella testa. Perché quella che lui racconta è una partita vinta dallo Stato, giocata su due binari, da un lato lo sviluppo del territorio del Parco dei Nebrodi e dall’altro lo smembramento delle mafie e di chi per 10 anni ha taciuto, mettendo tutti sotto scacco.
La capacità adattiva della mafia
Un accento particolare al “mutamento” della mafia nel corso degli anni, questa capacità adattativa all’evoluzione della società, una mafia non più interessata ai piccoli introiti derivanti dal pizzo e dalle rapine, ma con una visione più ampia per un guadagno fino al 2000 % dell’investimento. Attualizzando questo atteggiamento nella fase pandemica, che oggi stiamo vivendo, rischiamo di tornare indietro con l’assorbimento da parte della mafia delle aziende in difficoltà e del ritorno della figura del “mafioso benefattore” e di certo il flusso di denaro in arrivo con Next Generation Eu, sottolinea Antoci, deve avere una corretta impostazione per riportare al Paese il bilanciamento tra economia e denaro. Oggi le mafie, come ha ricordato Roberti, usano più corruzione che intimidazione, pertanto sono essenziali le riforme della giustizia, della sanità ,del fisco e della PA, bisogna portare autorevolezza, ragionare su cosa in più può essere fatto e gli altri paesi europei devono prendere esempio dall’Italia.
Giuseppe Antoci in questo piacevole caffè con i ragazzi di NED, ha rinfrancato gli animi, affermando che : “il miglior alleato siamo ognuno di noi, noi siamo un pezzo di Stato, oggi abbiamo messo a disposizione degli altri un pezzo della nostra vita….. spesso sono stato definito un sognatore, non smettete mai di sognare”.
[/et_pb_text][/et_pb_column] [/et_pb_row] [/et_pb_section]